Tra il giovane erborista Xu Xian e il Serpente Bianco, demone millenario, nasce una storia d'amore improvvisa quanto intensa. La sincerità del legame è però messa in dubbio dal monaco-stregone Fa Hai, intenzionato a imprigionare tutti i demoni che interferiscono nelle faccende degli umani. Pur vantando una carriera senza eguali nel campo del cinema spettacolare e di arti marziali, avendo contribuito alle coreografie di tutti i capisaldi del genere, il nome di Ching Siu-tung nell'immaginario collettivo resta legato a Storia di fantasmi cinesi, inarrivabile esempio di incontro tra fantasy e wu xia, tra ghost story e melò. Ed è proprio a quello spirito e a quelle atmosfere che si riallaccia idealmente The Sorcerer and the White Snake, ancora una storia d'amore che unisce il mondo degli umani e quello degli spiriti. L'intento è chiaramente quello di realizzare, con le spaventose potenzialità che la CGI può offrire, ciò che all'epoca di Storia di fantasmi cinesi (e in special modo dei seguiti, più concentrati sul lato spettacolare che sull'intreccio) non era neanche lontanamente immaginabile. Corpi che si smaterializzano e si ricompongono, aure magiche che si fanno concrete come la visualizzazione del potere che il Buddha regala al monaco taoista Fa Hai e che gli permette di difendere il monastero, in uno showdown memorabile per visionarietà, dalla furia vendicatrice del Serpente Bianco. Innovazione visiva e libertà senza freni, ma anche un approccio originale al mito ricorrente del monaco e della donna-serpente (Green Snake di Tsui Hark, proprio per citare un grande film minato da effetti speciali artigianali)…
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