Una pianista e un violinista che lavorano in nero per un ristoratore dispotico. Un aspirante attore che alterna i rari provini alle frequenti a scopate senza futuro. Una hostess che disegna, canta, balla da sola e non crede (più) all'amore eterno, considerandolo un sentimento che si possono permettere solo i ricchi. Sono i quattro protagonisti, tutti alle soglie dei trent'anni, di una storia crepuscolare che si svolge in una Roma sporca e ostile, soprattutto ai giovani, cui offre solo umiliazioni della loro dignità e l'invito costante ad accantonare i propri sogni e le proprie aspirazioni artistiche. Non credo in niente è uno spaccato della società liquida delineata da Zygmunt Bauman quando scrive che "le nostre vite individuali sono frammentate in una successione di episodi mal collegati fra loro", ed è dunque il ritratto di una contemporaneità sconnessa e disorganica nella quale soprattutto i giovani adulti si aggirano senza meta e con tanta rabbia in corpo
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